Jarman e Britten contro ogni guerra

25 Giugno 2009 § 2 commenti

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Fare un film su una composizione musicale è un compito difficile e pericoloso per un regista; farlo non avendo alcuna intenzione di illustrare, ma con il coraggio di aggiungere una sceneggiatura e una drammaturgia alla musica ed eventualmente al testo cantato, è un caso più unico che raro. Lascia dunque abbastanza stupiti scoprire la bellezza di un film come War Requiem di Derek Jarman, e accorgersi di quanto poco sia stata considerata questa pellicola fuori dalla Gran Bretagna, da parte sia degli appassionati di cinema sia da quelli di musica. Eppure non si tratta di un’opera minore; anzi, qualcuno sostiene che si tratti del suo massimo capolavoro.

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Girato da Jarman e prodotto da Don Boyd nel 1989, War Requiem è una grandiosa lettura visuale e drammatica della composizione che Benjamin Britten scrisse nel 1961–62 per l’inaugurazione della cattedrale di Coventry restaurata dopo le bombe incendiarie sganciate dalla Luftwaffe nel 1940. Fatta eccezione per un lungo piano sequenza iniziale, la sua storia si dispiega sulla incomparabile incisione che Britten stesso ne fece, con l’amato Peter Pears, Dietrich Fisher-Dieskau e Galina Vishnevskaya nel 1963 (l’orchestra era la London Symphony); un tenore inglese, un baritono tedesco e una soprano russa, a rappresentare le tre grandi nazioni in guerra (anche se alla prima esecuzione, quella avvenuta nella nuova cattedrale di Coventry il 30 maggio del 1962, alla Vishnevskaya era stato impedito di partecipare dal ministro della cultura sovietico). Britten non era certo la persona più adatta né alle solenni celebrazioni di marca guerriera, né alle grandi architetture religiose, e come si sa ne ricavò una delle opere di più profonda e radicale denuncia nei confronti dell’assurdità e crudeltà della guerra che mai sia stata fatta attraverso la musica; una straordinaria riflessione sulla violenza, la morte, l’amore e la poesia che mi sembra non avere paragoni nell’intera storia della musica.

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Al testo latino della messa di Requiem, con il quale da ateo non si sentiva presumibilmente a proprio agio, Britten scelse di inframmezzare alcune poesie del più straziante e lirico dei poeti-soldati della prima guerra mondiale, Wilfred Owen, morto al fronte in circostanze tragiche una settimana prima della firma dell’armistizio. Si tratta di poesie che appartengono al cuore della letteratura inglese sulla Grande Guerra, intrise di un senso della pietà e di non pacificato dolore che rappresentarono il più violento urlo contro l’assurdità bellica che la letteratura dell’epoca abbia creato: il famoso Anthem for Doomed Youth (Inno per la gioventù condannata), o The Parable of the Old Man and the Young (La parabola del vecchio e il giovane), aspro sovvertimento del sacrificio di Isacco, o ancora la straordinaria, incompleta Strange Meeting (Strano incontro), in cui è descritto un allucinato e commovente incontro con un soldato nemico, sono liriche che racchiudono il pensiero di Britten sulla guerra più di qualsiasi dichiarazione genericamente pacifista.

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Jarman costruisce una complessa drammaturgia portando in evidenza i diversi fili che costituiscono la trama del War Requiem; crea quattro personaggi – il soldato-poeta (Nathaniel Parker), l’infermiera (la bellissima Tilda Swinton, sua attrice preferita), il soldato sconosciuto (Owen Teale), e il soldato nemico (Sean Bean) – e li fa interagire in una storia di amicizia, amore, morte e catarsi pacificatoria con momenti di un’intensità straordinaria. Ma a questa storia fa da preludio una lunga scena particolarmente toccante: il film si apre con un’infermiera che spinge un reduce in carrozzella, accompagnata dal lento rintocco di una campana; si capisce che stanno andando a una celebrazione, forse quella stessa a cui si deve la nascita della composizione di Britten. L’infermiera è la stessa che poi sarà coprotagonista del film; il vecchio soldato, che cerca di appuntarsi alcune medaglie sul maglione che indossa, è Laurence Olivier nella sua ultima partecipazione cinematografica (morirà pochi mesi dopo). Mentre lentamente si dipana la scena, l’inconfondibile voce di Olivier prende a recitare Anthem for Doomed Youth (che poi sarà intonato dal tenore), e la scena si conclude con un lungo sguardo del vecchio soldato dritto nella cinepresa. Uno sguardo che non si dimentica, e che è già da solo riflessione e denuncia.

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Chi ama Jarman troverà in questo film tutte le caratteristiche del suo linguaggio visivo e della sua poetica: l’estrema bellezza delle immagini, spesso confinanti con la pittura rinascimentale e barocca, l’utilizzo a collage di frammenti di tecniche diverse (compresi i consueti Super 8), l’estetizzante teatralità dei movimenti e delle luci, l’amore lacerato per il corpo, l’omofilia pervasiva, l’onnipresenza della morte. Si tratta di caratteristiche che, al di sotto delle diverse tecniche espressive e delle diverse condizioni storiche, si ritrovano in qualche modo in tutti e tre gli artisti a cui si deve quest’opera complessa e stratificata: Owen (1893−1918), Britten (1913−1976) e Jarman (1942−1994). Jarman aveva scoperto di essere sieropositivo nel 1986 e sarebbe morto cinque anni dopo; come per tutti i suoi film degli anni ’80 e ’90, è difficile mettere da parte questo dato accogliendo una sua riflessione sul dolore e la pietà. Ma in un’intervista contenuta nella versione in DVD del film, Tilda Swinton dice una cosa divertente e amara che ci può venire in aiuto: racconta che War Requiem fu uno dei sei, forse sette film che Jarman riuscì a realizzare dicendo che sarebbe stato il suo ultimo lavoro. Sette ultimi film sono una bellissima beffa nei confronti del mondo del cinema e, in fondo, anche della malattia.

Il rapporto tra ciò che si ascolta e ciò che si vede può dapprima stupire e forse disturbare, ma una volta che si comprende l’intensità emotiva e la ‘sincerità’ dell’operazione se ne rimane letteralmente conquistati. La lunga sequenza di frammenti di documentario che accompagna il ‘Dies irae’, culminante in un’esplosione nucleare, o la meravigliosa e conturbante scena in cui l’infermiera e la madre del Soldato sconosciuto ripiegano con dolce, quasi sorridente rassegnazione il sudario, quando all’improvviso entra il Soldato nemico a deporre una corona di fiori sulla tomba della sua vittima, ricreata a perfetta somiglianza con la Resurrezione di Cristo di Piero della Francesca è un concentrato di Jarman; il fatto che la scena si svolga sullo straziante ‘Let us sleep’ che precede il ritorno del “Requiem aeternam’, forse il momento più commovente di tutta la partitura di Britten, non fa che moltiplicare l’effetto. Come in ogni film di Jarman (e in tanta musica di Britten!), tutto questo può suscitare repulsione o commozione, ma non può lasciare indenne la pelle dello spettatore.

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È tuttavia probabile che sia proprio la sua straordinaria natura ibrida ad avere in qualche modo alienato le simpatie di molti da questo film, tanto da renderlo il meno conosciuto tra i grandi lavori del regista inglese. Coloro che amano il suo cinema possono essersi sentiti in qualche modo a disagio nel doversi confrontare con una partitura complessa e certamente non accomodante come quella di Britten; gli amanti della musica di Britten possono viceversa essersi sentiti in qualche modo offesi dalle immagini di volta in volta estetizzanti o grottesche di Jarman, e dal suo linguaggio così diverso dall’immaginario legato al teatro musicale del compositore. Forse il suo pubblico migliore potrebbe trovarsi fra gli odierni spettatori d’opera, ormai avvezzi alle riletture registiche anche provocatorie o disturbanti. Il rischio di un’operazione come questa è il rifiuto e la derisione: in un mondo frammentato come quello attuale, in fondo è ciò che deve esser pronto ad affrontare chiunque decida di mettere insieme linguaggi diversi; in questo caso, ciò che vorrei dire è che ne valeva la pena.

Il film è stato ristampato in DVD in una “20th Anniversary Edition” che comprende alcuni interessanti contenuti speciali (in particolare il commento all’intero film, condotto in diretta sulle immagini, da parte del produttore Don Boyd); non credo sia importato in Italia, ma si trova in tutti i negozi online anglosassoni. L’incisione più bella rimane di gran lunga quella di Britten utilizzata in questo DVD, e ristampata regolarmente dalla Decca. Come introduzione generale al War Requiem si può leggere una buona analisi di Mervyn Cooke (Cambridge University Press, 1996). Le poesie di Owen non si trovano più, ma erano state pubblicate da Einaudi nella traduzione di Sergio Rufini: Wilfred Owen, Poesie di guerra, Torino 1985. Infine, se si vuole avere una prova degli effetti disastrosi che si ottengono a mandare un critico a vedere un film così, basta leggere questa non-recensione pubblicata nel 1990 dal New York Times. Il ritratto di Jarman è di Steve Pyke ©, quello di Britten non lo so ancora. Le altre immagini sono fotogrammi del film (le prime tre ritraggono rispettivamente Sean Bean, Tilda Swinton e il grande Laurence Olivier).

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§ 2 commenti al post “Jarman e Britten contro ogni guerra

  • Giovanni ha detto:

    stavo cercando, di approfondire e documentarmi meglio sul War Requim che mi appresto a sentire dal vivo, e mi sono imbattuto in questo bellissimo articolo. Mi spiace solo dover constatare quanto poco siano da noi apprezzate e conosciuti questi grandi capolavori. Grazie

  • Ulisse ha detto:

    E bravo Fierrabras!
    Un lavoro veramente ben fatto: documentato, completo, istruttivo.

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