Che regalo può scegliere l’avvocato Brusatti Coronèo per il compleanno della giovane ed elegante moglie? Si era deciso per una collana d’oro con pendaglio a forma di farfalla, ma ora ha letto che può fare cafone. Poi, in studio, ha trovato il Wall Street Journal e gli è venuta un’idea fantastica.
C’è scritto che un signore di Harrisburg, Pennsylvania, tale Martin Murray, un dilettante di violino sposato da meno di due anni, per il settantesimo compleanno della moglie (!) si è rivolto a un’associazione nonprofit specializzata nell’intermediazione tra commissionari e compositori: Meet the Composer (MTC). Voleva una sonata per violino e pianoforte di un quarto d’ora circa, eseguibile da musicisti non professionisti di medio livello tecnico. Sorpresa: l’associazione l’ha messo in contatto con il più famoso dei compositori americani viventi, Philip Glass, e quest’ultimo ha accettato la commissione. Ne è nato un party di cui tutti gli amici ancora parlano a Harrisburg e dintorni; al momento del regalo, lui prende il violino, una pianista si siede al pianoforte, e arriva il grande dono. L’articolo, firmato da una certa Corinna da Fonseca-Wollheim, si intitola degnamente “Anche Bach ebbe bisogno di Goldberg”, riferendosi alle parole di un localmente noto compositore dell’Università dell’Arizona, Daniel Asia, che con apparente tranquillità ricorda come anche il Signor Goldberg (nome che negli Stati Uniti assume tutta una serie di connotazioni) sia tuttora ricordato per avere pagato a Bach una certa commissione.
A parte lo svarione storico (non ci fu mai un Signor Goldberg che commissionò una composizione a Bach) l’articolo si dilunga con il giusto piglio da giornale economico sulle dimensioni del fenomeno, e sugli aspetti finanziari (da quelle parti le commissioni le puoi scaricare dalle tasse); vuoi comprare un teschio di Hirst, sembra dirci la Fonseca-Wollheim? lascia stare! portati a casa un’opera di Adams, un quartetto di Corigliano (o una sonatina di Mr. Asia). Si parlerà di te nei secoli dei secoli.
Quando a scuola si studia Giambattista Vico, sembra che la storia dei corsi e ricorsi sia roba interessante ma in qualche modo chiusa nel recinto del passato: il progresso, a un certo punto che normalmente si colloca alla fine del Diciottesimo Secolo, ha fatto la sua irruzione nel grande circo della storia e nulla è rimasto come prima. Era difficile immaginare i nuovi, colossali scenari del futuro di un’umanità lanciata in una corsa vertiginosa e senza ritorno; e soprattutto, per farlo non sembrava utile guardare indietro. Il pericolo era piuttosto l’autodistruzione, la guerra nucleare, gli inquietanti virus sviluppati dagli scarti maligni del progresso. Quante cose parevano decise per sempre!
Fra queste cose, si potrebbe forse anche mettere il ruolo che l’arte ricopre per la felicità dell’individuo. Per la sua formazione, per il dialogo continuo e necessario con la sua coscienza, con i suoi istinti e i suoi ideali, con le sue pulsioni. Non era solo storia recente: era una strada che risaliva alla tragedia greca (e che nasceva chissà dove), e che fra mille vertiginosi tornanti era arrivata al rock, alle tante forme di riflessione estetica della contemporaneità. Necessarie, tutte. Quanto e per la vita stessa.
Bene, per molti non sembra essere più così. So bene che l’economia dell’arte – e in special modo quella della musica – è un sistema complesso, in continua discussione e trasformazione. So bene che l’idea dell’artista finanziato dalla collettività, se in certi paesi non ha mai attecchito, in altri (come in parte il nostro) ha provocato qualche disastro. Ma so anche che se chi vive per riflettere su tutto ciò, come Philip Glass, può fare un’affermazione come questa, tante cose stanno cambiando:
Oggi ci sono più soldi per i giovani compositori di quando io ho cominciato. È estremamente importante, per i compositori, ottenere commissioni; e non solo per i soldi – sapere che qualcuno vuole la loro musica è più importante. Non che molti di noi possano mantenersi con le commissioni. Io ricavo la metà dei miei proventi suonando il pianoforte. L’importante, riguardo alle commissioni, è di entrare in un ciclo di domanda e offerta.
Un ciclo di domanda e offerta. Anni fa cose come queste le dicevano i neoromantici con l’aria di spararla grossa, e sapevano di sollevare un polverone, in gran parte benefico. Il problema è che oggi non c’è più ombra di polemica. Mentre il mondo economico vede con angoscia i fallimenti e le continue turbative dei cicli di domanda e offerta, il mondo della musica vi allude con speranza. Io naturalmente non ho ricette per risolvere gli antichissimi problemi dell’economia della musica viva, e mi rendo conto che la commissione privata, specialmente negli Stati Uniti, riveste ancora un ruolo importante. Quello che so di certo, tuttavia, è che questo modo di pensare e di guardare al futuro mi ripugna profondamente. Ma forse mi sbaglio.
Quello nella foto è, naturalmente, Philip Glass. Ancora una volta si è rivelato pressoché impossibile, nonostante il ricorso al suo sito personale, conoscere l’identità del fotografo
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