Un articolo molto bello sul cosiddetto suicidio assistito, tema d’attualità in molte democrazie occidentali e in Italia più che altrove, per ovvi motivi di peso della religione. L’autore, Ben Mattlin, è affetto da Atrofia muscolare spinale ed è disabile grave dalla nascita. Ora ha 51 anni, è sposato e padre, scrive per il New York Times, ma non può neppure tenere in mano una matita. Si dichiara “pro-choice liberal”, un progressista che sostiene le politiche mirate alla libertà di scelta. Ma lui, che per così tante volte è stato a un passo dalla morte, che se non avesse una moglie pronta a spiegare ai medici che razza d’uomo hanno davanti, non riuscirebbe a ottenere neppure un antibiotico perché tanto non ne vale la pena, sul suicidio assistito ha dei dubbi. E li spiega con eleganza e chiarezza.
Racconta per esempio quanto permeabili diventino le barriere che dovrebbero assicurare la libertà di scelta nelle situazioni più gravi, quanto può diventare attraente una “opzione liberatoria” quando le condizioni in cui ti trovi non sembrano offrire alternative migliori: “ho vissuto così vicino alla morte che so quanto sottile e poroso sia il confine tra la coercizione e la libertà di scelta, quanto sia facile per qualcuno farti involontariamente sentire inutile e senza speranza, spingerti, anche di pochissimo ma con decisione, verso la “ragionevolezza”, verso la scelta di “liberare” gli altri dal peso, di “mollare la presa”.
Mi ha fatto molto pensare. Traduco la conclusione, ma consiglio di leggere l’intero articolo:
“Sicuramente le intenzioni che stanno dietro le proposte di legislazione sul “suicidio assistito” sono nobili, ma non posso impedirmi di domandare perché abbiamo tanta fretta di assicurare il diritto di morire prima di avere fatto tutto quel che potevamo per garantire che a coloro che sono affetti da patologie gravi, incurabili e mortali sia offerto lo stesso benvenuto a cuore aperto, lo stesso rispetto a mente aperta, e le stesse aperte e non predeterminate opportunità che sono dovute a chiunque altro”.
[L’illustrazione è di Tom Gauld]
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