Postulare che l’uomo (ogni uomo) abbia come vocazione essenziale la conoscenza, la conoscenza di ciò che è, la conoscenza di chi è, non significa assegnargli un ideale irraggiungibile, ignorare le condizioni materiali e affettive che possono garantirgli il benessere e talvolta la felicità: significa ricordare la parte di umanità generica di cui siamo tutti portatori, e l’esigenza etica e critica che ne consegue. Il fatto di includersi nella conoscenza di sé significa progredire, iniziare un percorso e capire che questo movimento è il mezzo e, allo stesso tempo, l’oggetto della conoscenza: io che cosa sono se non questa fragile e tenace volontà di capire? La coscienza comune di questa tensione profonda definisce il più alto grado di sociabilità, il rapporto più intenso con gli altri, l’incontro.
Marc Augé, Futuro, Bollati Boringhieri, Torino 2012, p. 125.