Un bicchiere di vino in compagnia di Dario Voltolini. Si parla del più e del meno e a un certo punto il discorso cade, non so come, su Moravia, e Dario mi racconta una storia veramente divertente.
Dunque, è andata così. Un giorno del 1990 Dario riceve la telefonata di un certo critico teatrale e intellettuale, a cui era stato chiesto di pensare il numero zero dell’inserto culturale di Fortune, la rivista economica americana da poco uscita in versione italiana.
Questo signore ha un’idea brillante per la copertina: decide di chiedere a uno scrittore illustre di leggere l’opera prima di un esordiente, e poi di intervistarlo raccogliendo il suo autorevole parere sul giovane collega. Nel 1990 Dario Voltolini aveva appena pubblicato da Bollati Boringhieri Un’intuizione metropolitana ottenendo un fulminante successo critico. Ecco fatto: il direttore in pectore dell’inserto gli comunica che il primo esordiente a essere sottoposto all’esperimento sarà lui, e che lo scrittore illustre sarà nientemeno che il grande Alberto Moravia. Dario Voltolini e Alberto Moravia: un incontro incredibile, potenzialmente esplosivo.
Moravia accetta la sfida, si fa mandare il libro e concorda l’intervista per le 9 del mattino di un certo giorno del settembre 1990. Dario è molto contento ma anche un po’ preoccupato e il critico lo rassicura: andrà tutto bene, appena finisco l’intervista ti chiamo e ti racconto.
Finalmente giunge il giorno dell’incontro, e Dario attende un po’ emozionato. È nel suo ufficio, all’Olivetti, dove all’epoca si occupava di intelligenza artificiale. Aspetta, aspetta, aspetta. Arrivano le 10 e finalmente il telefono suona. È lui, il critico! Allora, cos’ha detto? Una pausa di silenzio. Come sarebbe che cos’ha detto! Ma allora non sai nulla? No, che cosa? Moravia! è morto stanotte.
È così che nella testa di Voltolini ha cominciato a serpeggiare il vago sospetto di avere ucciso Alberto Moravia. Lui se lo immagina a letto con il suo libro, sussurrare in un gemito “No, questo è troppo!” e poi abbandonare per sempre questa terra dell’ingratitudine.
Io Un’intuizione metropolitana me lo ricordo benissimo. In quegli anni vivevo in treno, e un giorno, leggendo un racconto su un gasometro mentre dal finestrino vedevo scorrere la grigissima periferia milanese, l’ho sentita. Ho sentito l’intuizione metropolitana del titolo. Netta, bellissima, mai provata prima e da allora rimasta lì come quelle aperture di prospettiva che solo l’arte riesce a dare, e che aggiungono per sempre qualcosa alla capacità di vedere. Non è necessariamente quello che l’autore voleva dire, ma le parole di uno scrittore vero, come quelle di un amico davvero intelligente, mettono in moto processi che si ripercuotono a catena, toccando corde anche lontane.
Ecco, io lo so bene cosa ci ho trovato, in quello splendido libretto arancione. Non saprei dire perché, ma sarei veramente curioso di sapere che cosa Moravia ci possa avere trovato. Riguardo all’omicidio, che immagino possa qualificarsi come preterintenzionale, non saprei dire se il fatto sussista o meno. Forse punterei sull’insufficienza di prove.